All'università di Trieste un incontro su “Umanisti al lavoro”. Ovvero sulla situazione professionale dei laureati in scienze umanistiche.
21 Novembre 2013
"Non è vero che in Italia le lauree umanistiche sono troppe. Siamo al 22% contro il 29% degli Usa, il 31% della Germania e il 27% dell’Inghilterra. Fra i principali paesi europei, solo l'Italia (dove sono laureati solo il 21% dei giovani tra i 25 e i 34 anni) ha ridotto nel periodo 2007-2011 gli occupati nelle professioni ad elevata specializzazione. Ciò dimostra come questo Paese debba investire molto di più nell'università: anche negli anni di carestia, il contadino taglia su tutto ma non sulla semina".
Parole di Andrea Cammelli, direttore di AlmaLaurea invitato all’università di Trieste a un incontro su “Umanisti al lavoro”. Ovvero sulla situazione professionale dei laureati in scienze umanistiche. Ne è scaturito un vivace dibattito tra gli addetti ai lavori, a partire dall'ultimatum dell'ex preside della vecchia facoltà di Scienze della Formazione, Giuseppe Battelli: "O l'università ascolta le richieste che le provengono dalla società (rappresentate dalle opzioni di immatricolazione a favore di taluni corsi di laurea a scapito di altri che negli ultimi anni presentano trend chiari) e conseguentemente compie lo sforzo di riorientarsi nei profili di studio verso tali richieste, o viceversa attende il proprio fisiologico esaurimento anagrafico".
Al di là della consistenza limitata dei laureati di ciascuna delle facoltà umanistiche esaminate, a cinque anni dalla laurea specialistica, all’università di Trieste, lavora l’86% dei laureati in Lettere e Filosofia.
Per Scienze politiche, sempre a Trieste, l’occupazione a cinque anni è dell’88%. Secondo il ricercatore Gabriele Blasutig, impegnato nel servizio di orientamento di Scienze politiche, il problema sta nella mancanza di una professionalità di riferimento: "Come per un laureato in Lettere e Filosofia che non faccia il professore, anche per i laureati di Scienze politiche è difficile elaborare un progetto professionale basato sulla consapevolezza delle proprie risorse e del proprio campo d'azione.
In un momento in cui il mondo del lavoro cambia repentinamente, ciò determina una paralisi decisionale, un atteggiamento fatalista, uno scoraggiamento in cui ricadono anche gli studenti più bravi.
Bisogna aiutare gli studenti costruendo, insieme a loro, un progetto professionale appetibile sul lavoro".
Meglio se la passano, a Trieste, i laureati specialistici in Scienze della formazione: a cinque anni il tasso di occupazione è pari al 95%.
Per gli interpreti il record è positivo perché, a 5 anni dalla laurea, lavora il 98%. E la giurista del lavoro Roberta Nunin propone infine una rete tra i tutor che si occupano dei tirocini: "Il mezzo giusto per creare un ponte con le imprese". Appunto quel che fa AlmaLaurea.
21 Novembre 2013
"Non è vero che in Italia le lauree umanistiche sono troppe. Siamo al 22% contro il 29% degli Usa, il 31% della Germania e il 27% dell’Inghilterra. Fra i principali paesi europei, solo l'Italia (dove sono laureati solo il 21% dei giovani tra i 25 e i 34 anni) ha ridotto nel periodo 2007-2011 gli occupati nelle professioni ad elevata specializzazione. Ciò dimostra come questo Paese debba investire molto di più nell'università: anche negli anni di carestia, il contadino taglia su tutto ma non sulla semina".
Parole di Andrea Cammelli, direttore di AlmaLaurea invitato all’università di Trieste a un incontro su “Umanisti al lavoro”. Ovvero sulla situazione professionale dei laureati in scienze umanistiche. Ne è scaturito un vivace dibattito tra gli addetti ai lavori, a partire dall'ultimatum dell'ex preside della vecchia facoltà di Scienze della Formazione, Giuseppe Battelli: "O l'università ascolta le richieste che le provengono dalla società (rappresentate dalle opzioni di immatricolazione a favore di taluni corsi di laurea a scapito di altri che negli ultimi anni presentano trend chiari) e conseguentemente compie lo sforzo di riorientarsi nei profili di studio verso tali richieste, o viceversa attende il proprio fisiologico esaurimento anagrafico".
Al di là della consistenza limitata dei laureati di ciascuna delle facoltà umanistiche esaminate, a cinque anni dalla laurea specialistica, all’università di Trieste, lavora l’86% dei laureati in Lettere e Filosofia.
Per Scienze politiche, sempre a Trieste, l’occupazione a cinque anni è dell’88%. Secondo il ricercatore Gabriele Blasutig, impegnato nel servizio di orientamento di Scienze politiche, il problema sta nella mancanza di una professionalità di riferimento: "Come per un laureato in Lettere e Filosofia che non faccia il professore, anche per i laureati di Scienze politiche è difficile elaborare un progetto professionale basato sulla consapevolezza delle proprie risorse e del proprio campo d'azione.
In un momento in cui il mondo del lavoro cambia repentinamente, ciò determina una paralisi decisionale, un atteggiamento fatalista, uno scoraggiamento in cui ricadono anche gli studenti più bravi.
Bisogna aiutare gli studenti costruendo, insieme a loro, un progetto professionale appetibile sul lavoro".
Meglio se la passano, a Trieste, i laureati specialistici in Scienze della formazione: a cinque anni il tasso di occupazione è pari al 95%.
Per gli interpreti il record è positivo perché, a 5 anni dalla laurea, lavora il 98%. E la giurista del lavoro Roberta Nunin propone infine una rete tra i tutor che si occupano dei tirocini: "Il mezzo giusto per creare un ponte con le imprese". Appunto quel che fa AlmaLaurea.