Record negativo di iscritti negli atenei
italiani: lo prevede il ministero dell’Università.
I diplomati preferiscono cercare lavoro; nel 2010-2011 gli immatricolati sono stati il 64,1 per cento dei diplomati e dieci anni prima si superava quota 70 per cento. E’ una delle medie più basse in Europa. Il Ministero, incrociando i dati in suo possesso, ha pubblicato uno studio sul passaggio dalla scuola secondaria di secondo grado all’università. Nel 2011-2012, il numero di immatricolati negli atenei italiani rappresenta poco meno del 60 per cento del totale dei diplomati dell’anno precedente. Un dato che, sfogliando l’XI rapporto del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario italiano, rappresenta il valore più basso degli ultimi trent’anni.
Penuria di risorse economiche da parte delle famiglie per affrontare le spese relative tasse, alloggio per gli studenti fuori sede e libri di testo, o semplice sfiducia da parte dei giovani nelle possibilità di trovare un lavoro anche con il fatidico “pezzo di carta”?
La prospettiva di anni di precariato e stage
gratuiti anche per i laureati non è certo incoraggiante per chi deve decidere
se proseguire gli studi. A questo si aggiungono anche i tagli alle borse di
studio e ai fondi che hanno contribuito a scoraggiare i giovani: oggi, uno
studente su tre che per reddito avrebbe diritto alla borsa di studio non può
percepirla per carenza di fondi mentre, per effetto dei tagli, le università
hanno dovuto aumentare le tasse e introdurre il numero chiuso in quasi tutte le
facoltà.
Si può invertire la tendenza soltanto riprendendo ad investire sui giovani e sull’università. La stessa distribuzione territoriale del fenomeno sembrerebbe confermare questa tesi: al Sud, dove un maggiore tasso di disoccupazione si accompagna a stipendi medi più bassi, i neo immatricolati scendono al di sotto del 50 per cento dei diplomati.
Un fenomeno che va in controtendenza rispetto alla richiesta Ue di incrementare il numero dei laureati. Entro il 2020, la percentuale di popolazione con una laurea dei paesi Ue nella fascia d’età 30-34 anni dovrebbe raggiungere quota 40 per cento, ma nel 2010 l’Italia era ancora ferma al 19,8, quattordici punti sotto la media Ue. Con paesi come Francia, Spagna e Regno Unito che ci surclassano. Ma per centrare l’obiettivo, in primo luogo, dovrebbero essere i giovani a credere di più nella laurea.
In Germania e Francia più dell’85 per cento dei
laureati di età compresa fra i 25 e i 64 anni lavora stabilmente. In Italia è
il 72,6 per cento dei laureati è titolare di un contratto. Anche la domanda di
laureati sul totale degli assunti da parte delle aziende italiane è scarsa: nel
2011, è stata soltanto del 12,5 per cento, contro il 31 per cento degli Stati
Uniti. E forse a scoraggiare i giovani sono anche le basse remunerazioni dei
neolaureati. Secondo Almalaurea, la paga media di un laureato di primo livello
ad un anno dalla tesi di laurea è di poco superiore ai mille e cento euro
mensili. Dopo 10 anni arriva a 1.600 euro.
Articolo pubblicato nel sito di jobtel: http://www.jobtel.it/2012-fuga-dalluniversita/
La redazione di Jobtel denuncia la fuga dall'università e fotografa alcuni effetti
provocati da questa situazione di crisi che da alcuni anni aggredisce il
mondo del lavoro e preoccupa i giovani circa il proprio futuro.
Prendere atto di questa realtà ci deve far riflettere su quanto sia inadeguato uno Stato che non investe sui giovani e non ne sostiene con adeguate borse di studio gli studenti più meritevoli.
Questa fotografia ci dice anche di quanto è lontano il nostro Paese rispetto agli standard dei Paesi europei in questo investimento sugli studenti a sviluppare le proprie potenzialità , a questo situazione dobbiamo aggiungere la fuga dei cervelli di chi completato il ciclo di studi e costretto ad emigrare per vederlo riconosciuto e valorizzato.
I genitori e gli studenti devono far sentire la propria voce per chiedere il cambiamento e non accettare
passivamente questa situazione, un Paese che non investe sui giovani non sarà in grado di garantire un futuro ai nostri figli ma anche al nostro futuro.
Dal bilancio dello Stato vanno fatte scelte più chiare,eliminando gli sprechi che sicuramente abbondano ma anche facendo scelte di campo, drenando da altri capitoli di spesa che invece non conoscono i tagli ad esempio per le spese militari senza per questo essere necessariamente un antimilitarista.
Sarebbe interessante aprire un dibattito sul Blog su questi temi.
Prendere atto di questa realtà ci deve far riflettere su quanto sia inadeguato uno Stato che non investe sui giovani e non ne sostiene con adeguate borse di studio gli studenti più meritevoli.
Questa fotografia ci dice anche di quanto è lontano il nostro Paese rispetto agli standard dei Paesi europei in questo investimento sugli studenti a sviluppare le proprie potenzialità , a questo situazione dobbiamo aggiungere la fuga dei cervelli di chi completato il ciclo di studi e costretto ad emigrare per vederlo riconosciuto e valorizzato.
I genitori e gli studenti devono far sentire la propria voce per chiedere il cambiamento e non accettare
passivamente questa situazione, un Paese che non investe sui giovani non sarà in grado di garantire un futuro ai nostri figli ma anche al nostro futuro.
Dal bilancio dello Stato vanno fatte scelte più chiare,eliminando gli sprechi che sicuramente abbondano ma anche facendo scelte di campo, drenando da altri capitoli di spesa che invece non conoscono i tagli ad esempio per le spese militari senza per questo essere necessariamente un antimilitarista.
Sarebbe interessante aprire un dibattito sul Blog su questi temi.