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Perché Internet non salverà il Mondo la seconda Rivoluzione di Bill Gates

I due terzi dell'umanità non possono accedere a Internet: è più urgente offrire a tutti tale opportunità, oppure debellare malattie che, come la polio e la malaria, affliggono tuttora ampie regioni (perlopiù le stesse escluse dalla possibilità di connettersi)? Nessuno dei giovani leoni della Silicon Valley avrebbe dubbi: si garantisca in primo luogo l?accesso alla Rete, dopodiché le condizioni di vita ? salute compresa ? ne trarranno automaticamente vantaggio. Opposta l?opinione di una vecchia volpe della rivoluzione digitale come Bill Gates: in un?intervista rilasciata al Financial Times , il cinquantottenne fondatore della Microsoft (di cui ha lasciato la guida alcuni anni fa) sostiene che l?obiettivo prioritario è sconfiggere le malattie, perché non sarà Internet a salvare il mondo. Un?opinione che suona bizzarra e impopolare alle orecchie dei nerd di nuova generazione, i quali considerano Gates una reliquia del passato, come la sua azienda che arranca all?inseguimento dei nuovi modelli di business creati da Facebook e Google. Un attempato magnate che investe quattro miliardi di dollari l?anno in beneficenza per lenire il suo narcisismo ferito dal fatto di non essere più il re della New Economy? Forse, ma l?ironia delle sue repliche mi sembra più convincente di quella dei giovani critici: nel 2005, analizzando i progressi di Cina e India, l?editorialista del «New York Times» Thomas Friedman scriveva che il mondo, grazie alla tecnologia, sarebbe presto diventato «piatto», neutralizzando le vecchie differenze; ma se si fosse allontanato anche solo tre miglia da Bangalore, commenta sarcastico Gates, avrebbe visto gente priva di tutto e costretta a vivere senza acqua corrente. Del resto, il punto non è indagare sulle motivazioni personali di Gates e, anche se è evidente che il suo impegno contro la miseria e le malattie, per quanto generoso, è una goccia nel mare dei problemi di un mondo segnato da terribili ingiustizie, resta l?importanza del fatto che nemmeno un tecnocrate della sua statura crede più al mito secondo cui Internet sarebbe la soluzione alle sfide economiche e sociali del nostro tempo. © RIPRODUZIONE RISERVATA