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LA QUESTIONE DEL SABATO LIBERO

LA QUESTIONE DEL SABATO LIBERO
Il dibattito in corso sulla data d’inizio della scuola e su chi debba stabilirla ha sicuramente fissato nella mente di tutti i lettori una quantità: 200. Duecento sono i giorni di scuola in Italia.
Ma in realtà non è cosi. Sarebbe così se si andasse a scuola tutti i giorni della settimana, compreso il sabato, ma ormai la settimana corta si sta insinuando sempre più nell’ordinamento scolastico sulla base delle decisioni dei singoli Consigli di Istituto che hanno la facoltà di deliberare in merito.
Quindi per le scuole con la settimana corta i giorni di scuola minimi non sono 33x6+2=200 cioè il prodotto di 33 settimane convenzionali piene aumentato di due giorni bensì 33x5+2=167 pari alle solite 33 settimane ma senza i sabati.
Ormai tutti i nostri lettori sanno che la tesi dell’associazione è che il carico di lavoro dello studente nostrano sia eccessivo e quindi sembrerebbe logico che noi appoggiamo la settimana
corta. Ma come al solito in Italia l’assurdo impera e genera costanti lacerazioni. So di scuole con i genitori spaccati che fanno ricorso al referendum interno per decidere sul sabato
libero si o sabato libero no. Nella mia scola io sostenevo il sabato libero no. Come mai? Perché la riduzione a 5 dei giorni di scuola si può fare ma lasciando inalterato il volume totale
delle ore annuali e settimanali, e cioè 30 ore (in media) settimanali per 33 settimane pari a 990 ore annue.
Quindi nella scuola in cui si fa la settimana corta bisogna tenere l’alunno in classe sei ore al giorno e siccome gli insegnanti, ed anche gli alunni (giustamente) se non costretti non vogliono andare il pomeriggio, SI FANNO SEI ORE CONSECUTIVE DI LEZIONE.
Ecco dunque svelata l’origine della mostruosità italiana assolutamente insostenibile, antipedagogica e nociva alla salute mentale delle 6 ore consecutive sul banco, dalle 8 alle 14 in vigore ormai in moltissimi istituti scolastici.
Appare chiaro quindi che per avere un ritmo ragionevole pari a 4 ore al giorno sui 5 giorni tipici della modernità il curricolo deve arrivare a 20 ore settimanali, che non sono un’assurdità bensì
corrispondono al peso della scuola di 40 anni fa (24 ore settimanali) adattato al sabato libero.
Nelle aziende il procedimento è stato al contrario: si determinò in otto ore la giornata lavorativa sopportabile e quando fu accorciata la settimana lavorativa si passò da 48 a 44 e poi a 40
ore settimanali.
Ebbene da noi dove tutti amano esageratamente i giovani (a parole) centralismo, meridionalismo, sindacalismo, alleati per la pelle, hanno caricato la vita del giovane di questo peso insostenibile ed insostenibile anche dalla finanza pubblica.
In Europa il curricolo obbligatorio viaggia intorno alle 20 ore settimanali. Tutti oscurano questo fatto confondendo (volutamente?) l’orario obbligatorio con quello discrezionale che varia da alunno ad alunno e da scuola a scuola. Ad esempio in Danimarca le ore annue obbligatorie variano da 600 a 660 e cioè da 18 a 20 alla settimana. Ed in ogni ora ci sono 15 minuti di pausa ritualizzata. In Finlandia, giudicato il Paese con la massima preparazione degli allievi, le lezioni obbligatorie durano 3 ore al giorno.
Da noi si continua a sfruttare il forte desiderio di una scuola seria ed efficiente dei genitori e degli alunni per continuare ad aumentare la quantità di vita dei giovani fagocitata dallo stato.
Ultimo esempio: una volta si andava a scuola a 6 anni compiuti, oggi invece si va per obbligo se si è nati entro dicembre dell’anno scolastico in corso e si può anche se nati entro aprile dell’anno successivo quindi a 5 anni e 4 mesi. Se non ci sarà una reazione decisa delle famiglie e della società lo statalismo renderà obbligatorio anche l’asilo realizzando il sogno segreto ma non tanto di molti “amici del giaguaro” di togliere alle famiglie ed ai territori il controllo dei giovani.
articolo scritto da http://www.scuolanostraregionaleefederale.com