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Londra hub mondiale dell'Ict, 300mila nuovi posti entro il 2020


«La crisi? Quale crisi…» Interrogativo surreale solo all'apparenza, avendo assoluto diritto di "esistenza" nell'immaginario dialogo fra un cittadino di Londra e un visitatore d'Oltremanica o, più semplicemente, di qualche contea alle porte della capitale.
Considerazione estrema che non è più prodotto solo di un'effimera percezione, affondata com'è, ora, nei numeri della statistica raccolta da Deloitte. Londra è l'isola felice delle isole britanniche, capace di produrre da sola un terzo dell'economia nazionale, ma rischia di essere isola felice di un mondo in crisi. In almeno 12 su 22 settori ad alto valore aggiunto - dai media digitali, alle produzioni televisive, dalle arti, alla pubblicità, dall'istruzione, alla consulenza, continuando con banking e assicurazioni - la capitale britannica si conferma snodo globale a livello mondiale in termini di addetti. Batte Hong Kong e schianta New York nell'economia della conoscenza con un milione e mezzo di persone occupate a fronte del milione e duecentomila che si contano nella metropoli statunitense o dei 630mila di Los Angeles. L'indotto fa il resto, se è vero che ogni posto di lavoro in questi settori ne genera almeno altri due fra le professioni di "sostegno" ovvero fra i servizi creati indirettamente. Questo, secondo lo studio di Deloitte, darà vita, entro il 2020, ad altri 300mila nuovi impieghi.
Una dinamica che produce un naturale riequilibrio dell'economia di Londra e quindi del Regno Unito. La crisi aveva svelato la preoccupante centralità dei servizi finanziari e soprattutto del banking nel tessuto economico del Paese e innescato la gara fra le forze politiche per trovare un nuovo assetto per lo sviluppo prossimo venturo. Sta accadendo. Nonostante la crisi (appunto, «quale crisi…?») dal 2008 ad oggi Londra ha creato 270mila nuovi posti di lavoro con un aumento del 6,8% a fronte di una contrazione nel resto del Paese dello 0,7 per cento.

 Un saldo positivo al netto dei tagli nel banking che ha perso 140mila lavoratori per la stragrande maggioranza nella City.
«Nei servizi finanziari ci attendiamo un progressivo calo dell'occupazione, in quanto le banche sono molto meno attraenti per le giovani generazioni di quanto lo fossero nel 2008. Londra conferma quindi - si legge nel rapporto di Deloitte - la grande capacità di adattarsi ai cambiamenti dei trend economici…piazzandosi al primo o al secondo posto nella maggior parte dei 22 settori considerati (dove figura, timidamente, anche Milano, unica città italiana, al quarto posto nella produzione di software e programmazione dei computer, ndr)».
Il boom, secondo Deloitte, arriverà da quell'area magmatica che si muove sotto la definizione di technology, media, telecommunications. «Qui ci aspettiamo i maggiori tassi di crescita», sostiene la società di consulenza, sottolineando quanto la battaglia per garantirsi i migliori talenti sia ormai uno scontro fra le grandi metropoli. E anche in questo Londra svetta, essendo, da sola, la seconda destinazione più ricercata al mondo - dopo gli Usa - per studenti internazionali con 45 istituti universitari o equiparati. «La forza di Londra nell'istruzione e nel business della cultura è destinata a consolidarsi…un'area assai poco colpita dal rallentamento economico in termini di occupazione».
Deloitte va oltre l'analisi e indica cinque punti chiave che la capitale britannica - ma crediamo siano applicabili a qualsiasi altra realtà metropolitana europea - dovrà seguire. Il primo suggerimento è la creazione di un Chief talent officer, commissario che dovrà mettere ordine all'offerta pubblica e privata, ottimizzando il contesto per individuare e incentivare le persone più capaci e meritevoli. Segue poi l'esigenza di nuove infrastrutture e soprattutto di abitazioni in un contesto - quello londinese - dove le case scarseggiano. La terza raccomandazione riguarda maggiore liberalità nella concessione dei visti, procedura complessa per un Paese che non appartiene all'area Schengen. Il quarto punto insiste sulla creazione di stabili liaison fra università e imprese. Il quinto è un invito alla stessa Londra, affinché, cioè, vada oltre i propri confini gettando ponti con il resto di un Paese che s'allontana sempre più dagli standard record inalberati dalla capitale.